Linguaggio

Bambini e problemi di linguaggio: 9 consigli pratici per famigliari e amici

breglia

“Silly Lions Hand Paint” eseguito durante una sessione di intervento precoce con un bambino di 20 mesi

di Emanuela Breglia, Logopedista Bilingue

In occasione del Mese della Logopedia 2016, vorrei dare un contributo che viene dalla mia esperienza con i bambini con bisogni speciali e le loro famiglie. Grazie al mio lavoro ho la possibilità di seguire da vicino le vicende delle famiglie e di tutto il micro-cosmo che ruota loro attorno. Proprio come ci si potrebbe aspettare, alcune dinamiche familiari sono piuttosto comuni, ma altre sono del tutto peculiari, perchè derivate dalla specifica condizione del bambino e dalle persone coinvolte.

Tale peculiarità può facilmente confondere o spaventare amici e famigliari, che potrebbero a loro volta mettere in discussione il proprio ruolo, incerti su come essere presenti o aiutare il bambino.

Organizzare la vita di famiglia in base alle esigenze di un bambino con un problema nello sviluppo linguistico-comunicativo è una grande sfida per chi se ne prende cura; ci sono strutture da contattare, una schiera di professionisti da cui farsi visitare, supporti statali da conoscere e richiedere e la scuola! I genitori o chi si prende cura del bambino, molto spesso deve spendere tempo e risorse per formarsi ed imparare quel che può, per potersi muovere con cognizione di causa. E’ facile sentirsi sopraffatti da preoccupazioni, paure e problemi pratici come quelli precedentemente descritti, ed è proprio qui che entrano in gioco gli amici e la famiglia estesa. Si può fare moltissimo! Ecco alcuni esempi pratici:

  1. Essere pazienti: alcuni genitori non vogliono parlare della diagnosi del proprio bambino. E’ importante che siano loro a scegliere cosa condividere con amici e famiglia e che si sentano a loro agio nel parlarne.
  2. Ascoltare: al contrario, alcuni potrebbero aver bisogno di condividere i loro sentimenti o i loro problemi. In alcuni casi non avrete tutta l’esperienza o le conoscenze per rispondere, ma conta molto ascoltare comunque.
  3. Chiedere: sapere come vorrebbero essere aiutati è fondamentale. Alcune persone potrebbero essere molto chiare e specifiche sul tipo di aiuto che gradirebbero, altre potrebbero non sapere con precisione di cosa hanno bisogno. In tal caso è utile cercare di mettersi nei loro panni e provare a fare qualcosa di carino per loro, un amico può davvero essere di grande supporto.
  4. Informarsi: ci si può informare sui siti istituzionali e su forum dedicati circa i sintomi di una particolare diagnosi e cosa questi comportino nella vita di tutti i giorni, così da essere almeno in parte orientati sul tipo di difficoltà che la famiglia può incontrare lungo il percorso.
  5. Dedicare tempo. Passare un po’ di tempo con il bambino così che i genitori siano liberi di fare altro per un po’ di tempo.
  6. Accettare: imparare a prendersi cura di un bambino con bisogni speciali richiede del tempo. Questo può variare da persona a persona e qualcuno potrebbe finire per isolarsi. Mantenere un atteggiamento positivo nei confonti dei genitori e del bambino è essenziale.
  7. Non minimizzare. Frasi come: “Poteva andarti peggio, sarebbe potuto nascere con …” o “E’ meglio che non cammini, il mio cammina fin troppo, non riesco a tenerlo d’occhio!” oltre ad isolare ancora di più i genitori, potrebbero anche causare una reazione negativa. Meglio ricordare che qualunque sia il problema del bambino, resta sempre e comunque un problema, e come tale è una questione seria e significativa per chi ne è toccato; non lo si può magicamente “aggiustare” con un ribaltamento di prospettiva.
  8. No al gioco della colpa:  colpevolizzare i genitori con frasi tipo “Lo tratti troppo da bambino piccolo!” o “Non lo stimoli!” è davvero doloroso per chi se le sente dire, a maggior ragione se il bambino ha una difficoltà diagnosticata.
  9. Non evitare il contatto. Evitare di interagire come prima della diagnosi perchè non si sa come reagire è una cosa piuttosto comune. Informandosi, chiedendo ed empatizzando si riesce a mantenere e rinsaldare la connessione

Sarei davvero contenta di leggere delle vostre esperienze, rispondendo ai commenti sul blog.

Chi sono: 

Emanuela Breglia, logopedista.
Laurea in logopedia conseguita con 110 e lode.  Laurea magistrale “Advanced Practice in Health and Social Care: Speech, Language and Communication” presso la City University of London in fase di completamento.

Attualmente esercito la libera professione, collaborando anche con un Centro di Riabilitazione per l’Infanzia del Sud-Ovest di Londra. +44 7542314276

emanuela.breglia@city.ac.uk – https://www.facebook.com/EBLogopedistaBilingue

10 commenti

  • Giuseppe

    E’ proprio vero, il primo stimolo per un bambino con difficoltà del linguaggio, è la serenità e mi permetto di aggiungere la consapevolezza dei genitori.
    Grazie per i preziosissimi suggerimenti.

  • Giancarla carpeggiani

    Bellissimo e interessante quello che scrivi, vorrei davvero che qualche genitore che ha bambini con problemi di questo tipo, potesse leggerlo.
    Purtroppo alcuni alzano barriere dietro le quali si nascondono, come a non volere affrontare le difficolta’, non si rendono conto che cosi’ non aiutano il loro bambino.

    • Ema B.

      Grazie per aver condiviso questa opinione G. Carpeggiani. Purtroppo è vero, molte persone finiscono per isolarsi. Un po’ per fattori dati dalla propria personalità, un po’ per l’influenza di fattori esterni. E’ difficile sentirsi fragile e fronteggiare una qualsiasi sfida se non si ha una rete di sostegno. Per questo credo molto nel potere curativo dell’amicizia e della collaborazione. Credo davvero che una mano amica possa far decollare la qualità della vita delle famiglie e dei bambini con bisogni speciali.
      Colgo l’occasione per aggiungere che l’aiuto dato alle famiglie non dovrebbe essere solo informale e che alcune persone dovrebbero idealmente poter accedere in maniera più agevole a servizi di counselling e psicoterapia. Si può e si deve migliorare e lo Stato non deve mai chiudere gli occhi su questa tematica. Perciò dico, facciamoci sentire e condividiamo informazione con fiducia e speranza per il futuro.

  • Paola

    Questa è una sintesi perfetta di un quadro complesso, c’è poco da aggiungere.
    Si tratta di dinamiche difficili, in cui i pazienti sono i piccoli, ma gli adulti sono investiti dalla grossa reposnsabilita di affrontare un problema, difficile anche se non impossibile.
    Sicuramente il fatto che si tratti di terapie che richiedono tempo (non come un raffreddore, 5 giorni di riposo e passa tutto) mette a dura prova lo spirito de genitori coinvolti, anche perché il percorso, che è chiaro nei modi e nei tempi al terapista, non lo è necessariamente anche al genitore, che sicuramente vorrebbe sentirsi dire “…5 giorni e passa via tutto”.
    La sensazione predominante è che, nonostante gli studi di settore abbiano fatto enormi progressi, considerato che la logopedia è una scenza relativamente giovane, non c’è una risposta adeguata delle istituzioni e tutto si svolge all’insegna dell’iniziativa privata, perché in alcune realtà i tempi pubblici sono infiniti (potrebbe sembrare retorica, però va detto perché è vero).
    Infine, la difficoltà maggiore per un parente, nonché la piu insidiosa per il paziente, è il fatto di ammettere che c’è un problema da gestire, problema che prima si affronta e prima si supera, fatto il primo passo, si può solo migliorare.

  • Anna

    In qualità di genitore di un bambino con difficoltà , mi sento di ringraziarla, questo articolo racconta purtroppo una triste verità .spesso è così che si comportano amici e familiari. Lo condividero in modo che seguano questi preziosi consigli.

  • silvia

    Sono cose proprio avere quello che tu scrivi. Io mi trovo in una situazione di profonda tristezza sapendo che i miei parenti non collaborano aiutandomi con il bambino. Quando cerco di spiegare alcuni consigli che mi sono dati da esperti su come parlare e interagire con il nipote al meglio per cercare di aiutarlo, mi viene risposto che sanno già come si fa. Ogni volta che si sta insieme tutti in famiglia nonni e zie e io noto un momento di frustrazione e il disagio da parte del mio piccolo e provo ad esternare qualcosa per farlo stare meglio, risulto io pesante e rompiscatole. Un consiglio che mi sento di dare a tutti coloro che seguono bambini con problemi di linguaggio in famiglia é: molto importante cercare di stare più vicini possibile ai genitori se chiedo un aiuto anche concreto su come comportarsi e su come parlare fare agire, cercare di venirsi incontro per quanto possibile perché è una cosa che mi è stata detta da più parti è che se in famiglia si è tutti coordinati e bambino migliora più in fretta e si sente più stimolato a farlo.
    È inoltre verissimo quello che scrivi dicendo che questo rischia di isolare la famiglia Infatti io cerco di fuggire o limitare al massimo le occasioni di convivialità insieme tutti per evitare di litigare e di far sentire a disagio il mio parlatore tardivo magari anche sbagliando.

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      Ella

      Ciao Silvia, capisco. Ti do’ tutto il mio sostegno e ti suggerisco di parlarne molto anche con il logopedista che vi segue. Sono certa che darà tutto l’aiuto per superare questa fase, tutto si risolverà. Un caro saluto

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