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Professione logopedista: di quando ti senti perso e ti sembra di girare a vuoto

L’inizio di un nuovo anno corrisponde solitamente a bilanci e riflessioni sia personali che professionali e quest’anno non è diverso dagli altri, così ho ragionato durante le ferie sulle cose negative che mi capitano lavorando e come risolverle.  

Una delle principali difficoltà (che credo comunque riguardi tutti gli ambiti della vita) è che succede a volte che mi senta un po’ persa e di girare a vuoto; è vero, capita prevalentemente con i casi più complessi o con le famiglie più esigenti e problematiche, tuttavia credo che la “colpa” o forse è meglio dire responsabilità, sia da attribuire al modo in cui si affrontano le cose.

Ecco dunque cosa faccio o dovrò fare meglio per evitare il più possibile questi stati d’animo negativi e restare concentrata sugli obiettivi:

  • Organizzarsi: detta così sembra scontata. Non lo è affatto. L’ansia cresce quando non ho bene sotto controllo cosa devo fare sul lavoro e con che scadenze. Perciò, pur essendo una persona abbastanza organizzata, ho deciso di mettere mano alle mie modalità, quindi ho migliorato la scheda che utilizzo per ogni paziente in carico che contiene un breve sunto della valutazione e del piano di trattamento (perché ce ne vuole sempre uno con obiettivi, tempi e modi). Le schede le tengo accorpate in un piccolo raccoglitore così da averle subito a portata mentre faccio la seduta e mi segno subito cose da fare/fatte/preparare. Questa è una cosa che ho sempre fatto, ma nei momenti di massimo carico mi succede di non essere così ligia … invece è proprio in questi momenti che mi devo appoggiare di più su questo strumento così da scaricare il cervello.
  • Sapere dove sono le cose: facile vero? Un po’ meno se si lavora in gruppo o in spazi condivisi. Quest’anno mi sono preparata un nuovo quaderno lavoro/blog così ho tutto sotto mano, e ho sistemato la mia postazione di lavoro per renderla più efficiente. Come? mi sono ispirata a questo articolo. Purtroppo in questo momento sono in fase critica perché avendo appena aperto il nuovo studio ogni cosa ha un posto nuovo … un incubo per ora, ma ci abituerò.
  • Darsi un limite: ho definito dei limiti massimi di carico lavorativo settimanale. Non più di tot. ore di trattamenti, non più di tot. valutazioni di bambini nuovi. Certo l’idea di ridurre il carico può spaventare perché quando si è liberi professionisti meno si lavora, meno si guadagna … però sono già due anni che mi alleno in questo. Lavorare un po’ meno, ma in modo più organizzato, alla fine lascia spazio per progetti nuovi e scoprire che potresti avere le stesse entrate economiche con attività diverse da quelle abituali.
  • Provare a lasciare la zona di comfort: ogni tanto provo a cambiare qualche cosa. Infatti mi sono accorta che attività troppo routinarie e ripetitive alla fine mi svuotano un po’. Qualche idea diversa e un progetto nuovo, anche se all’inizio procurano un po’ di apprensione, alla fine ti fanno respirare  aria nuova e sono rigeneranti, fosse solo per il confronto con persone diverse.
  • Imparare dagli altri: da quando ho deciso di passare alla libera professione ho iniziato a cercare nel web esperienze di liberi professionisti (non necessariamente logopedisti) per imparare dalle loro esperienze. Poi mi sono fidelizzata ad alcuni siti che trovo particolarmente interessanti. Ti lascio qui il riferimento a C+B e Gioia Gottini.
  • Non si può fare tutto/ non si può riuscire in tutto: ho fallito molte volte. Però quando ero più giovane ci stavo male. Ora non è che godo nel fallire, tuttavia mi domando dove ho sbagliato e come fare meglio la prossima volta. Ah! e mai dare la colpa agli altri, meglio interrogarsi su ciò che possiamo cambiare. No?!
  • Chiudere la porta dell’ufficio: in senso metaforico e in senso concreto. In senso metaforico intendo dire che quando si è lavorato un tempo sufficiente, bisognerebbe saper chiudere. Ecco in questo non sono molto brava: con una famiglia capita spesso di essere tentanti di leggere una mail intanto che si aspetta il figlio fuori da scuola o altri momenti che farebbero parte della nostra vita privata. Devo impormi di NON farlo! Questo è una delle cose su cui mi dovrò maggiormente impegnare. Nell’accezione più concreta sono invece diventata forte! Ho imparato a chiudere la porta dell’ufficio e non riaprirla finché non ho terminato l’attività su cui sto lavorando (lo sto facendo anche ora scrivendo questo articolo) oppure finché non decido di fare una breve pausa. E se qualcuno bussa? Sono diventata bravissima: “scusa, sto finendo una cosa, dammi 10 minuti, appena ho fatto vengo da te così ti dedico più attenzione”.

E voi? Cosa ne pensate? Vi sentite così anche voi? Che strategie usate per evitare i momenti giù?

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4 commenti

  • Lara

    Grazie Eleonora,questo articolo è molto interessante , sapere che le proprie difficoltà sono condivise anche dai colleghi fa sentire un po’ meno soli e persi e il confronto permette di avere nuovi consigli per mettersi in discussione. Sono ancora pochi anni che lavoro ( e in un servizio) ma soprattutto ultimamente i momenti di crisi di quetso tipo sono tanti… Penso che l’importante sia sempre usare le ferite come feritoie e rimettersi in cammino con più grinta! Grazie e buon lavoro! Lara

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      Ella

      Cara Lara, è bello sì sapere di non essere soli! Ho lavorato per molti anni in un servizio pubblico, certo le cose non dipendono interamente dal nostro volere, ma la condivisione aiuta sempre. Buona avventura e se ti va di raccontarci qualcosa di te ti aspetto per il Mese della Logopedia 2017!

  • Serena

    Articolo molto interessante, una guida per i logopedisti che si occupano della libera professione. Chiudere la porta dell’ufficio è molto importante, ma difficile se capitano casi particolari con famiglie difficili da gestire per cui ci portiamo il peso a casa. Come rimediare a queste situazioni??

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      Ella

      Molto dipende dalla sensibilità personale, tuttavia è anche una cosa che si impara col tempo. L’esperienza aiuta, come in tutti i campi. 😊

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