Giochi e libri

Pronti, partenza … primaria! suggerimenti per giocare con i bambini che stanno per iniziare la scuola

 

Il gioco è lo strumento principe attraverso il quale il bambino esprime la propria identità e sviluppa le proprie conoscenze, anche le più complesse.

Molti studiosi hanno dimostrato che il gioco libero e socializzato  ha un’importante e fondamentale funzione nello sviluppo delle capacità cognitive, creative e relazionali.

Tra le teorie più significative riguardanti il gioco, ci sono quelle di Vygotskij e di Bruner. Il primo autore, considera il gioco come risposta che il bambino elabora quando è alle prese con i propri bisogni, al fine di poterli soddisfare, se pure nel mondo della fantasia.  Uno degli aspetti più importanti del gioco, messo in evidenza da Vygotskji, è costituito dalla funzione di liberare gli oggetti dal loro potere vincolante.

“Nel gioco il pensiero è separato dagli oggetti e l’azione nasce dalle idee più che dalle cose: un pezzo di legno comincia ad essere una bambola e un bastone diventa un cavallo”

(da Il ruolo del gioco nello sviluppo, 1966).

In altre parole, nel gioco gli oggetti non “suggeriscono” il comportamento del bambino, bensì acquistano nuovi significati; il gioco diviene così una fase di transizione nell’acquisizione di significati, e del linguaggio in particolare, attraverso cui il bambino crea situazioni nuove.

Bruner, invece, considera il gioco con riferimento all’adattamento umano e alle strategie di soluzione di problemi. Giocare è, innanzi tutto, un modo di apprendere all’interno di una situazione “controllata”, in cui sono ridotti al minimo i rischi di violazione delle regole sociali. Funzione prioritaria del gioco sarebbe, quindi, conseguire, attraverso la manipolazione di strumenti, una migliore destrezza e sempre nuove combinazioni di comportamenti. Il gioco assume così un ruolo importante nell’evoluzione degli apprendimenti.

Alla luce di queste considerazioni, è evidente come lo sviluppo del linguaggio e l’approccio agli apprendimenti siano supportati dall’evoluzione delle competenze di gioco.

Già intorno alla metà del primo anno di vita il bambino comincia a giocare; i primi tentativi avvengono inconsapevolmente muovendo le mani e i piedi, ma una volta compreso il nesso causa- effetto e capito lo schema d’azione, esso viene ripetuto per riprodurre il movimento e ottenere lo stesso risultato. Accanto a queste attività motorie compaiono le prime verbalizzazioni che accompagnano le attività di gioco. Per poter giocare un bambino deve possedere una prensione stabile, saper rilasciare qualcosa che ha in mano, avere i pollici opponibili e possedere capacità di reaching. Queste condizioni sono necessarie affinché possa emergere il gioco costruttivo che sfocerà nel gioco simbolico.

Le modalità di gioco ci indicano le competenze del bambino; un bambino che “smonta” in modo ripetitivo potrebbe avere un problema cognitivo o difficoltà nell’utilizzo del materiale, con probabili implicazioni anche dal punto di vista linguistico; se invece il bambino usa gli oggetti in modo costruttivo e crea relazioni tra oggetti senza che nessuno lo abbia addestrato, significa che sta costruendo un “ponte” per il gioco simbolico.

gioco simbolico

Il gioco simbolico passa attraverso tre fasi: decontestualizzazione, decentramento e organizzazione sequenziale. Il passaggio per queste tappe e il raggiungimento di un’organizzazione sequenziale è molto simile nello sviluppo linguistico; il bambino che ha sperimentato un adeguato gioco simbolico, si esprimerà inizialmente con olofrasi e, intorno ai due anni, comincerà ad abbinare due o più parole per arrivare poi a padroneggiare il sistema linguistico adulto.

Nella nostra pratica clinica di Equipe, eseguiamo valutazione e riabilitazione logopedia, in cui coinvolgiamo la famiglia, ci capita di condividere  i momenti quotidiani delle persone che incontriamo, trovandoci a riflettere su quelli più critici per renderli maggiormente gestibili.

Il momento del gioco con i propri figli  viene a volte distorto dall’interpretazione adulta, confusa da preoccupazioni, ansie, stanchezza o chissà che altro.  Il gioco con il proprio figlio può così diventare un momento per indagare le sue competenze, per verificare se è in grado di fare le stesse attività dei coetanei oppure no, perché  i primi a sentirsi sotto esame sono proprio i genitori. Altre volte il gioco può diventare un obbligo, soprattutto se si ha poco tempo per stare con i propri figli e si cerca di dedicarsi al cento per cento a loro quando presenti. I bambini sono però in grado di cogliere l’autenticità nella relazione con l’adulto e anche il momento del gioco, per essere funzionale, ha bisogno di questa autenticità.

Stare insieme giocando permette di trasmettere molto ai nostri figli, come ad esempio:

– i modelli di interazione e di relazione, perché giocando si impara il modo in cui comunicare per rendere le modalità relazionali utili a capirsi e a far stare bene tutti i giocatori;

– la capacità di ascolto e di attesa;

– la percezione dei limiti e dei confini attraverso la gestione delle regole, se vissute come elemento organizzativo utile al corretto svolgimento del gioco, obiettivo dei giocatori.

– la possibilità di sentire ed esprimere le proprie emozioni, trovando un modo per viverle che faccia stare bene se stessi e gli altri (la gioia della vincita senza che diventi prevaricazione, la frustrazione dell’eliminazione senza che diventi annientamento e sia perciò insostenibile, la noia di un momento di attesa senza mancare di rispetto chi sta giocando, l’eccitazione di un momento esaltante senza che l’eccessiva confusione interrompa il gioco);

-l’esperienza del divertimento condiviso, come vissuto positivo che avvicina e rende più salda la relazione genitore – figlio.

Tutto questo è possibile a una sola condizione: che il genitore, pur nello svolgimento del proprio ruolo adulto, viva il momento di gioco come occasione di divertimento.

Nella nostra esperienza di mamme-logopediste è frequente e naturale proporre ai nostri figli semplici giochi, che in realtà hanno valenza stimolante di alcune competenze del linguaggio e dell’apprendimento. Gli stessi giochi sono quelli che proponiamo alle mamme dei nostri piccoli pazienti per supportare, giocando, il percorso riabilitativo in atto.

quali giochi?

In particolare in questo articolo ci focalizzeremo su quali possano essere i giochi da proporre ai bambini dell’ultimo anno di scuola dell’infanzia; giochi, e non esercizi riabilitativi, che supportano lo sviluppo delle competenze di linguaggio e numeriche che verranno messe in gioco all’ingresso della scuola per sostenere gli apprendimenti.

  • Bastimento: Gioco antico ma sempre attuale e divertente, consigliato per tutte le età calibrandone la difficoltà. Semplice ed economico, non serve nessun materiale, è il tipico gioco che si può fare in macchina nel corso dei tragitti più lunghi. A turno una persona dice “è arrivato un bastimento carico di…” ed indica una categoria (animali/ oggetti/ luoghi…); gli altri giocatori possono porre domande per identificare il bersaglio oppure devono provare ad indovinarlo. Questo semplice gioco stimola la fluenza verbale e porta i bambini ad utilizzare in maniera pertinente categorie di classificazione sia quando pongono le domande che quando rispondono sull’oggetto che hanno pensato loro stessi. Non sottovalutate le competenze dei bambini … a 5/6 anni possono dare come indicazioni “è un animale, vive nel mare, non ha la coda, non ha le pinne, non ha gli occhi né la bocca, non ha il guscio, si muove…” e mettervi in difficoltà sulla risposta da dare (la medusa!!);
  • treni di parole: il gioco inizia con una parola, alla quale va fatta seguire un’altra che inizia con la sillaba finale della parola precedente e formare un treno di parole (sole-lente-telefono-nota…). Può essere giocato autonomamente o alternando i turni. Anche questo gioco è semplice ed economico, può essere giocato ovunque. Come tutti i giochi che si basano sulle sillabe, supporta le competenze metafonologiche che concorrono all’acquisizione della letto scrittura;
  • frasando: altro gioco semplice ed economico che si può proporre nei momenti “vuoti”; ogni partecipante deve dire una sola parola, allo scopo di costruire una frase o un racconto che abbia un senso grammaticalmente (quindi se io dico “il”, il concorrente successivo può usare un nome o un aggettivo maschile singolare, non può dire “casa”); ovviamente più la frase è buffa più i bambini sono portati a continuare nel gioco; se si punta al raccontare una storia è divertente fare incontrare personaggi che difficilmente possono coesistere. Una variante di questo gioco consiste nel proporre storielle divertenti in rima: ognuno dice una frase, l’importante è che siano in rima e così “C’era una volta un gatto … che aveva un amico ratto … che giocava come un matto … ma non aveva molto tatto … ”

giochi a tavolino

  •  i classici giochi da tavolo (gioco dell’oca, monopoly, indovina chi…) concorrono a strutturare competenze utili al rispetto delle regole e dei turni, fondamentali per la vita di classe. L’utilizzo dei dadi favorisce il riconoscimento rapido delle quantità (entro il 6). Tra i giochi in scatola di recente pubblicazione meritevole di attenzione è la linea di giochi educativi “giocare per crescere” di Erickson; tutti i giochi proposti uniscono al piacere di divertirsi in compagnia la possibilità di sollecitare una o più specifiche funzioni esecutive: autoregolazione emotiva, inibizione della risposta, memoria di lavoro, attenzione focalizzata, pianificazione, flessibilità.
  • Altri giochi da tavola interessanti sono quelli proposti dalla linea children di Creativamente – ludo ergo sum , in particolare per i bambini della fine della scuola dell’infanzia è molto interessante Sillabandia, gioco in cui si può allenare la competenza fonologica del bambino e stimolarlo a riflettere sulla struttura sonora delle parole, oltre che sulla loro suddivisione sillabica.
  • Per i bambini che amano raccontare ed ascoltare storie un valido supporto può essere dato dagli story cubes; è un gioco è molto semplice in cui ad ogni turno il giocatore lancerà i 9 dadi e cercherà di inventare una storia utilizzando gli oggetti raffigurati nelle facce ottenute. Ogni dado ha 6 diverse immagini per un totale di 54 immagini differenti e oltre 10,000,000 di possibili combinazioni.
  • carte: i giochi con le carte classiche concorrono a rinforzare la conoscenza dei numeri come segno grafico e come quantità; i bambini di 5/6 anni possono giocare a rubamazzo, alla peppa tencia, ma anche a briscola, burraco e scala semplice, se supportati nel conteggio dei punti;
  • esistono inoltre giochi con carte specifiche, come “Solo”della Dal Negro che è una moderna versione grafica dell’antico gioco Dernier (che si gioca con le comuni carte francesi da scala 40), da cui è stato ispirato anche il gioco di carte UNO della Mattel ;

enigmistica

Le proposte di questo tipo sono varie e differenti; i bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia possono approcciarsi ai primi giochi con lettere e numeri, ai giochi sulle differenze o sulla ricerca visiva di dettagli presenti in molte riviste dedicate (proposta di buon livello, con giochi ben strutturati e calibrati è, ad esempio, il mensile focus pico. Più specifici invece sono i giochi in stile enigmistica proposti dalla linea “Pronti per la scuola con i cuccioli” edita da Erickson; questi quaderni sono strutturati per sviluppare abilità, conoscenze e competenze necessarie per prepararsi al passaggio dalla scuola dell’infanzia a quella primaria, guidati dai sei simpatici Cuccioli, protagonisti della seria animata su Rai Yo-Yo.

giochi coi numeri

Per accrescere le competenze numeriche e le prime abilità di calcolo si può proporre il classico registratore di cassa che farà immergere i bambini in un attivo gioco di ruolo, nei panni di un cassiere di un negozio alle prese con contanti, carte di credito, totali e resti. Un gioco che ha sempre molto successo e che aiuta i bambini a riconoscere il valore delle banconote e delle monete, a prendere dimestichezza con i numeri, la matematica e i calcoli (magari supportati dalla calcolatrice), lasciandoli liberi di giocare con la fantasia. Un semplice album con le figurine da attaccare permetterà ai bambini di imparare a riconoscere il valore posizionale delle cifre e l’ordine dei numeri.

Altro classico intramontabile per chi vuole approcciarsi ai numeri è Rami, pluripremiato giocattolo prodotto da Quercetti, prodotto da 30 anni e ancora oggi apprezzato perché garantisce tanto divertimento e tanta esperienza ai bambini e anche ai grandi. Il gioco consiste nel far raggiungere alle palline colorate la giusta casella di arrivo. Le 4 leve poste sulla parte sinistra del gioco, determinano, con la loro posizione, una combinazione di 0 e 1 (aperto e chiuso, on/off) creando il percorso delle palline.

Giocare con i bambini sembra la cosa più semplice del mondo, ma in realtà bisogna sempre tenere conto che giocare, per un bambino, è un’attività seria, ben più impegnativa e costruttiva del semplice divertirsi durante il tempo libero. Soprattutto nei primi anni di vita, il gioco rappresenta per un bimbo il principale strumento per imparare a conoscere il mondo e a rapportarsi con esso.

Non è un caso, dunque, che a seconda dell’età del bambino, non solo cambiano i giocattoli che il mercato propone, ma cambiano anche le attività a cui il bambino sceglie di dedicarsi. Proporre ai bambini giochi adatti all’età e alle competenze permette pertanto di supportare la loro crescita e facilitare il loro apprendimento, divertendosi. E il divertimento passa anche da qualche compromesso; se il bambino conosce già le regole del gioco non c’è nulla di male se ogni tanto le regole vengono capovolte, l’importante è saper spiegare che quando si gioca capovolgendo le regole bisogna dirlo prima di iniziare. Bisogna imparare ad ascoltare, osservare e seguire i bambini, uscendo ogni tanto da una visione rigida da adulti.

 

Se un bambino deve tenere vivo il suo senso innato di meraviglia, ha bisogno della compagnia di almeno un adulto con cui condividerla, riscoprendo con lui la gioia, l’eccitazione e il mistero del mondo in cui viviamo. (Rachel L. Carson)

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Equipe Paroliamo: Dott.ssa Anna Borlesi – logopedista, Dott.ssa Anna De Bona – counsellor, Dott.ssa Dolores Paredi – logopedista, Dott.ssa Laura Redaelli – logopedista, Osnago  (LC), via XX settembre 6 – www.paroliamo.org

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