Logopedia e scuola … uniamo le forze!
di Enza Lagalla, logopedista
La legge 170 del 2010 relativa ai disturbi specifici d’apprendimento ha determinato un importante cambiamento del contesto operativo per la gestione dei DSA ed ha accresciuto la consapevolezza sociale di questi disturbi che riguardano molti studenti.
Studenti che per anni sono stati accusati di essere pigri o troppo vivaci, poco attenti o scarsamente rispettosi delle regole. Alunni etichettati e demotivati, costretti a vivere da incompresi in un sistema che non era in grado di rispondere alle loro necessità e che non riusciva a capire la loro straordinaria diversità, portando spesso all’insorgenza di disturbi secondari come ansia, fobie, somatizzazione, comportamenti provocatori e isolamento sociale.
Gli studenti con DSA, infatti, richiedono l’intervento precoce e mirato, non solo degli operatori sanitari, per accertarne la presenza (diagnosi, trattamenti riabilitativi), ma anche da parte della scuola, perché è nel contesto scolastico che si gioca il loro destino e la loro “salvezza” dipende dalla messa in campo di competenze didattiche e pedagogiche specifiche ad opera dei docenti.
La legge 170 ha, dunque, gettato le basi per un cambiamento con il riconoscimento ufficiale dei DSA. Questa legge si è posta la finalità di favorire il successo scolastico, riducendo i disagi relazionali, preparando gli insegnanti e sensibilizzando i genitori nei confronti delle problematiche legate ai disturbi d’apprendimento.
A mio parere l’elemento fondamentale della legge è l’aver sancito che è un diritto per le persone con diagnosi di DSA l’uso di strumenti compensativi e dispensativi di flessibilità didattica, che sono descritti più a livello di categoria generale che nello specifico, pur dando comunque alcune indicazioni di rilievo come la necessita di tener conto di caratteristiche come il bilinguismo o la possibilità di esonero sulla lingua straniera.
Indubbiamente la realizzazione della legge richiede cambiamenti culturali e di prassi consolidate che non sono facilmente realizzabili soprattutto in contesti come i piccoli paesi di provincia dove gli insegnanti, dopo anni e anni di esperienza, si trovano a fare i conti con esigenze formative specifiche e strategie didattiche diverse da quelle utilizzate da sempre … a tutto questo si aggiunge spesso la difficoltà dei genitori di ragazzi con DSA nel trovare le giuste figure di riferimento che li possano guidare in un percorso ad ostacoli e che non sempre hanno le idee chiare riguardo i propri diritti.
Mi trovo di fronte a difficoltà di questo tipo quotidianamente nella mia pratica lavorativa. L’intento del mio articolo è proprio quello di condividere la mia esperienza fatta di piccole scuole, pluriclassi, carenza di fondi per l’acquisto di materiale didattico e scarsa informazione .
Mi è capitato di insegnanti che mi hanno esposto la loro difficoltà nell’approcciarsi ad un bambino dislessico perché era la prima volta che avevano in classe un alunno con certificazione di DSA; più maestre mi hanno detto esplicitamente che trovavano difficile mettere in atto le misure dispensative necessarie perché gli altri bambini della classe e le loro famiglie si erano ribellati a questo ”trattamento di favore”.
Molti genitori appaiono come naufraghi in un mare di termini sconosciuti e lunghe liste d’attesa per visite specialistiche, spaventati e disorientati e poi si ritrovano in mano diagnosi che leggono come verdetti, chiedendo tacitamente di essere rassicurati e desiderosi di capire meglio il mondo che si nasconde dietro quell’acronimo di tre lettere che prima non conoscevano.
Poi ci sono bambini che ti dicono :”Ma io non voglio usare la calcolatrice e il computer a scuola, perché altrimenti i miei amici mi dicono che sono scemo e non capisco niente!!! ”…oppure…”Sai che in classe non parlo con nessuno perché parlo male e i miei compagni mi imitano e poi ridono?? ”
In quel momento senti una stretta al cuore e ti rendi conto che per tutelare questi ragazzi fantastici bisogna fare di più e che c’è bisogno di portare l’informazione anche nella più piccola scuola del mondo così da formare adeguatamente tutti gli insegnanti e ribadire all’infinito che una difficoltà non è una disabilità; c’è bisogno di parlare in maniera semplice ed efficace ai genitori, capire le loro difficoltà, anche sociali ed economiche. Bisogna ascoltare, educare i bambini affinché imparino sin da piccoli che il loro compagno dislessico non è meno bravo, meno capace o meno intelligente di loro , ma una fonte di ricchezza interiore a cui tutti dovremmo attingere!!!
Credo che tutto questo si possa realizzare con la disponibilità di noi logopedisti a collaborare costantemente con le scuole per creare una trama di interventi congiunti e sinergici e con la voglia di affiancare le famiglie nel loro cammino, fornendo un punto di riferimento che li possa guidare verso la scoperta di un nuovo mondo.
Enza Lagalla, logopedista
Laureata in logopedia nel 2010 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ho conseguito il diploma di master biennale in Neuroscienze Cognitive nel 2014 e lavoro presso il Centro Aias Onlus di Sant’Arcangelo, in provincia di Potenza, occupandomi dell’età evolutiva.
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