Area Logopedisti

Professione Logopedista: saper dire di no

Penso che uno degli aspetti più complessi del nostro lavoro consista nell’ispirare nelle famiglie quella fiducia necessaria affinché si possano affidare a noi veramente.

Ispirare questa fiducia non deriva solo dal fatto di essere preparati, aggiornati, educati ed accoglienti, ma credo che derivi sopratutto nel mostrare e spiegare con quanta più precisione ci è possibile come stanno le cose e come si possono affrontare.

Questo include anche dire dei no quando la richiesta che ci viene fatta non rientra nelle nostre competenze.

Dire dei no lo intendo in diversi sensi. Dico di no:

  • quando il disturbo che devo valutare lo considero fuori dalla mia area di preparazione, cioè in tutti quei casi in cui avrei probabilmente delle competenze spendibili, ma non così approfondite da sentirmi sicura. In quei casi invio alla collega più esperta. In fondo, a pensarci bene, alla fine si è tutti più sereni ad occuparsi di ciò che ci riesce meglio.
  •  quando la richiesta che mi viene fatta dalla famiglia non corrisponde al reale problema del bambino; per esempio spesso mi capita che mi dicano “voglio solo che il mio bambino parli bene” il resto non mi interessa. Be’, questo non posso proprio farlo se la situazione famigliare- emotiva -psicologica è compromessa o se ci sono difficoltà di altra natura. E’ mio dovere spiegare qual è il mio ambito di intervento e perché iniziare un trattamento in questo modo inficerebbe i risultati, questo a costo di perdere il paziente.
  • quando il disturbo è troppo complesso per poter essere serenamente affrontato in collaborazione con i colleghi. Se c’è una condizione che compromette molte e diverse aree di sviluppo, spesso per un libero professionista che esercita nel suo piccolo, seppure con colleghi di riferimento, potrebbe essere troppo. Cerco sempre di inviare ai servizi pubblici se so che le risorse necessarie sono oltre le mie possibilità.
  • quando la famiglia vuole delegare completamente: non è così ce funziona! Non basta portare il bambino in seduta per ottenere dei risultati. Ci vuole collaborazione fatica, lavoro a casa, organizzazione … ma questo è un altro post.
  • quando la famiglia vuole adattare il trattamento alle proprie esigenze e non il contrario, le proprie esigenze al trattamento. Sarò anche troppo rigida forse, ma è nell’interesse del mio piccolo paziente far capire che un trattamento ha maggiore efficacia se intenso e con obiettivi specifici, piuttosto che una seduta alla settimana fino a non si sa quando … che pure economicamente conviene un trattamento intenso e breve che un trattamento monosettimanale vita natural durante.
  • quando ho troppo lavoro. Non mi piace prendere in carico una situazione e poi lasciarla lì in attesa che mi si liberi un posto, preferisco mandare a un altro collega di cui ho fiducia. Credo siano superati i tempi in cui ci si teneva stretti i “clienti” e che sia, invece, molto importante fare rete. Quando si è professionisti seri, credo non si debba temere di perdere lavoro inviando a un collega, di certo ci sarà occasione contraria.

Essere diventata una libera professionista, mi ha dato alcune libertà che per ciò che mi riguarda non significano affatto “faccio quello che voglio”. Al primo posto dobbiamo sempre mettere la persona che abbiamo davanti e il suo benessere, e se si parte da questo presupposto, le cose vanno bene nel 99% dei casi.

Ma questa è la mia storia, hai voglia di raccontare la tua?

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